TEST PSICO-ATTITUDINALI, DA NORMA A COLPO A SALVE: IL SOLITO COPIONE PER DISTOGLIERE L’ATTENZIONE

Con il decreto legislativo n. 44, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 aprile, il governo ha dato seguito alla delega ricevuta dalla c.d. Riforma Cartabia, introducendo, tra le altre, una disposizione in materia di test psico-attitudinali da somministrarsi agli aspiranti magistrati durante le procedure di concorso.

Il tema, è evidente, ha in sé la vocazione a generare serrati confronti, ma è persino dotato, almeno all’apparenza, di tutti gli spigoli che servono per scatenare quelle opposte tifoserie che monopolizzano sempre più spesso l’intero dibattito sulla cosa pubblica.

Il copione non è nuovo: il governo preannuncia una riforma, i magistrati agitano lo spauracchio dell’attentato all’autonomia, i giornali incorniciano il quadro con informazioni più o meno precise sui fatti d’intorno, veri o presunti, i talk e i social fanno il resto. A sentire il livello dello scontro dei giorni precedenti alla pubblicazione – centrato peraltro su un testo virtuale di cui non si è avuta notizia che con la pubblicazione medesima – uno avrebbe preconizzato una norma liberticida in grado, in un sol colpo, di mettere in crisi il sistema dell’accesso alla magistratura come disegnato dalla Carta fondamentale all’art.106 e di umiliare l’intero corpo giudiziario, attentando appunto alle sue prerogative costituzionali. Tanto più che in qualche uscita pubblica è proprio la fonte governativa a fare cenno al possibile utilizzo del c.d. test Minnesota, una sorta di vecchia carcassa inutilmente ammodernata nel tempo e ideata dagli americani negli anni ’40 per scovare gli omosessuali nell’esercito. Una roba inservibile, insomma, tanto vecchia che, peraltro, per gabbarla non è difficile trovare in giro mille libretti di istruzioni da mandar giù a memoria.

Poi però il testo del decreto è stato pubblicato e, in disparte il fatto che per questa parte diverrà operativo dal 1° gennaio 2026 (forse, stando agli auspici del dott. Santalucia, presidente di ANM), dell’annunciata tregenda non si scorgono i segni.La norma licenziata (art. 5) introduce, subito dopo la prova scritta, un test psico-attitudinale finalizzato esclusivamente a costituire la base per il successivo omonimo colloquio, diretto a verificare l’assenza di condizioni di inidoneità alla funzione giudiziaria che il candidato sosterrà in seno alla prova orale.

Se tutto si fermasse qui, a voler fare le pulci, l’impalcatura eretta dal governo potrebbe apparire bella, ma inutile per assenza di concretezza operativa; una sorta di norma programmatica priva di portata precettiva. Sennonché, aggiunge la norma divorando sé stessa, a individuare le condizioni di inidoneità alla funzione giudiziaria e persino ad individuare il test sulla base del quale il colloquio verrà effettuato non sarà un organo scientifico, dotato delle competenze necessarie e che magari si approvvigioni del dato esperienziale dagli operatori del settore (magistrati, ma perché no, anche avvocati), ma sarà direttamente l’organo di autogoverno, cioè il CSM, seppure – pannicello caldo – nel rispetto delle linee guida e degli standard internazionali di psicometria.

Il CSM, cioè, dopo avere fissato da sé medesimo le condizioni di inidoneità all’esercizio della funzione, provvederà a individuare i test da somministrare per verificarne la ricorrenza, mentre i magistrati scrutineranno infine il risultato di quella verifica durante il concorso. Dall’autonomia all’autofagia è un attimo.

Eppure, sarebbe bastato uno sguardo al panorama europeo e la consultazione delle autorità scientifiche, titolate dunque per competenza e non per funzione (prospettive che si leggono su queste colonne nei pezzi di Rosso e De Sanctis) per comprendere che la verifica psico-attitudinale ha un senso a condizione che la si strutturi sulla specificità del caso, dando alla comunità degli operatori del settore il compito di individuare ciò che serve per esercitare la funzione o, almeno, ciò che impedisce di accedervi, ma assegnando a chi ha la competenza per farlo il compito di approntare specifici mezzi per raggiungere lo scopo.

E invece, tra l’impalpabilità precettiva del testo e i tempi di entrata in vigore, questa norma sembra proprio un colpo a salve, forse capace di distrarre (si spera per poco) l’attenzione dal resto, ma senza effetti concreti; un po’ come il cannone del Gianicolo, che serve solo a ricordarti che ora è.

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