EMILIA-ROMAGNA, L’INDUSTRIA RITROVA LA FIDUCIA: ORDINI E OCCUPAZIONE IN AUMENTO

Nonostante la fase di rallentamento delle attività produttive e commerciali iniziata nella primavera 2023 – da cui sono rimasti indenni solo i settori meccanica e alimentare – l’industria emiliano-romagnola prevede ora un netto recupero: il 34% degli imprenditori si aspetta un incremento della produzione, con un saldo ottimisti/pessimisti di 16 punti, contro i 9 punti di un anno prima; il 32% prevede ordini in aumento con la quota di ottimisti che sopravanza i pessimisti di 12 punti contro i 3,6 di un anno fa; e più di una azienda su due annuncia aumenti dei posti di lavoro entro fine giugno.

È un clima decisamente di fiducia quello che si respira lungo la via Emilia, fotografato nell’indagine su congiuntura 2023 e previsioni 2024 per l’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo. «L’industria della nostra regione conferma una buona capacità di tenuta e le previsioni, soprattutto delle imprese di medio-grandi dimensioni, sono positive», sottolinea la presidente degli industriali emiliano-romagnoli, Annalisa Sassi, leggendo i dati prospettici della rilevazione su un campione di 412 imprese del sistema, che rappresentano 62mila addetti e 20,6 miliardi di euro di fatturato.

Pesano ancora molte incognite, ricorda Sassi, dal costo dell’energia elevato alla domanda mondiale soffocata dai conflitti fino agli investimenti, soffocati «da tassi di interesse ancora troppo alto, e ci attendiamo un intervento tempestivo da parte della BCE in questa direzione, ma anche dall’attesa della concreta attuazione delle agevolazioni di Industria 5.0».

A emergere in modo più marcato che nelle precedenti rilevazioni congiunturali è la dicotomia tra performance e aspettative delle medio-grandi imprese rispetto alle piccole realtà, con una netta superiorità delle prime sulle seconde. A spiegare la resilienza del tessuto produttivo lungo la via Emilia è sicuramente anche il fenomeno di aggregazione e consolidamento della base industriale che emerge dall’analisi decennale condotta da Unioncamere: dal 2013 al 2023 il numero di imprese industriali attive in regione è sceso del 13,4% (-26% quelle della moda, -25% nella ceramica-vetro) ma a uscire dal mercato sono state le piccole aziende, società di persone (-36,6%, oltre un terzo in meno in un decennio), ditte individuali (-19%) e cooperative (-18%). Mentre le società di capitale sono aumentate del 10,6% e sono arrivate a rappresentare oggi il 42,7% dell’industria. Con un riflesso positivo anche sul mercato del lavoro, che continua a crescere: +2% gli occupati nell’industria nel 2023, un ritmo doppio rispetto alla crescita complessiva dell’occupazione in regione.

«Siamo di fronte a un sistema che viaggia a due velocità. Da un lato l’accelerazione delle grandi realtà. Dall’altro la frenata delle piccole imprese preoccupate dalla diminuzione degli ordini e dai processi di internalizzazione che stanno cambiando le catene di subfornitura. Davanti ad una fase storica in cui l’incertezza e l’instabilità globale potrebbero rappresentare la norma è urgente sostenere le piccole imprese nei processi di aggregazione per salvaguardarne le professionalità e la forza competitiva», evidenzia Valerio Veronesi, presidente Unioncamere Emilia-Romagna.

Analoga forbice viene rilevata da Intesa Sanpaolo sul fronte prestiti alle imprese: quelli alle industrie emiliano-romagnole sono rimasti stabili nel 2023 (-5,9% in Italia) a fronte di un dato medio complessivo in regione del -5,6%. E resta alto il grado di liquidità del sistema produttivo.

Tutti presupposti, quelli descritti fin qui, per la graduale ripresa che anche Prometeia ha previsto negli Scenari elaborati a gennaio, con la stima di un +0,6% per il valore aggiunto reale prodotto dall’industria in Emilia-Romagna quest’anno, dopo il -2% del 2023. Un anno che ha visto scendere la produzione (-0,5% in media, ma con un +0,8% per le grandi imprese e un -2,4% delle piccole realtà, in controtendenza i settori alimentare con un +2,2% e meccanica con un +0,8%), ma tenere il fatturato (+0,4% complice gli aumenti dei listini manifatturieri del +1,8%).

Gli ordini fin qui raccolti dalle imprese della regione non inducono però all’ottimismo: -1,4% nel complesso e -1,2% sui mercati esteri. Dopo un 2023, che per quanto in frenata in termini reali, ha visto l’export dell’Emilia-Romagna raggiungere il record storico in valore di 82,87 miliardi di euro (prezzi correnti), pari al 13,9% del totale nazionale, con risultati superiori alla media italiana in quasi tutti i settori (+5,5% l’alimentare, +11,5% macchinari, +6,2% i mezzi di trasporto). Confermando la regione al primo posto in Italia per export pro capite: oltre 19.200 euro per residente contro i 10.600 euro del valore medio nazionale, davanti a veneti (poco sotto i 17mila euro pro capite), lombardi (16.400 euro a testa) e friulani (16mila euro).

2024-03-28T12:35:02Z dg43tfdfdgfd