BIDEN PRONTO A DAZI DEL 100%SULLE AUTO ELETTRICHE CINESI

Dazi, dazi, dazi: il mantra protezionista imperversa negli Stati Uniti come in Europa, in vista delle prossime scadenze elettorali. Lo spauracchio è sempre lo stesso: la Cina, accusata di inondare la propria industria di sussidi. Sotto tiro, in questa fase, c’è in particolare l’auto elettrica: la prossima settimana, la Casa Bianca potrebbe alzare le tariffe addirittura al 100%, dal 25% attuale. Un’ulteriore tassa del 2,5% scatterebbe su tutte le auto importate. Saranno colpiti anche minerali critici, batterie e pannelli solari. L’annuncio è atteso per il 14 maggio.

Scontata la reazione cinese. «Invece di correggere le loro politiche sbagliate, gli Stati Uniti continuano a politicizzare le questioni economiche e commerciali. Aumentare ancora i dazi significa aggiungere l’insulto al danno», ha dichiarato Lin Jian, portavoce del ministero degli Esteri. Le tariffe minacciate dagli Usa, peraltro, avrebbero probabilmente un impatto limitato sui produttori di auto elettriche cinesi, che sono stati tenuti fuori dal mercato statunitense dai dazi già applicati.

Un impatto più significativo potrebbero averlo i dazi europei, se arriveranno. A poche settimane dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che è a caccia della difficile riconferma, ha ribadito la necessità di proteggere l’industria del continente. «La concorrenza leale è positiva. Quello che non ci piace è che la Cina inondi il nostro mercato con auto elettriche sovvenzionate in modo massiccio. Dobbiamo proteggere la nostra industria», ha detto l’8 maggio, alla convention del suo partito, la Cdu, a Berlino.

A ottobre, la Commissione ha avviato un’indagine sulle sovvenzioni elargite da Pechino: entro il 5 giugno potrebbe arrivare la proposta di applicare dazi, che potrebbero essere imposti entro il 4 luglio.

Non tutti in Europa si fregano le mani all’idea di un nuovo scontro commerciale con Pechino. Di certo non le case automobilistiche tedesche, che dipendono dalla Cina per una parte significativa delle loro vendite e dei loro profitti.

Qualche giorno fa, il numero uno del marchio Volkswagen, Thomas Schäfer, ha avvisato che l’Europa si espone al rischio di «ritorsioni». Sulla stessa linea, il Ceo di Bmw, Oliver Zipse, e il capo di Mercedes-Benz, Ola Källenius. «Non pensiamo che la nostra industria abbia bisogno di protezione», ha dichiarato Zipse, secondo il quale, operare su base globale dà alle grandi case automobilistiche un vantaggio industriale, che «può facilmente essere messo in pericolo, se si introducono dazi».

Al contrario, costruttori come Stellantis e Renault, che non hanno grandi attività in Cina, spingono per misure a tutela delle proprie produzioni.

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