AGRI-BIOTECH: PARTONO A PAVIA I PRIMI TEST IN CAMPO DEL RISO TEA

La caccia alle streghe contro i vecchi Ogm sarà presto un lontano ricordo (forse). E dopo oltre un ventennio di blocchi, una nuova generazione di piante biotech (ma non transgeniche) muoverà i suoi primi passi in Italia. Con l’ultimo e definitivo via libera del ministero dell’Ambiente, partirà a breve in un fazzoletto di terra del Pavese, in piena Lomellina, cuore della risicoltura lombarda e non solo, la semina sperimentale in campo aperto di una varietà di riso ottenuta grazie alle nuove tecniche genomiche, conosciute in Italia come Tea, Tecniche di evoluzione assistita.

Si tratta di un riso in grado di resistere, senza utilizzo di fungicidi, agli attacchi del fungo Pyricularia oryzae che causa la malattia comunemente nota come “brusone”, la più grave patologia fungina del riso che in alcune annate può portare a perdite produttive anche del 50%. La domanda di autorizzazione per i test è stata presentata dall’Università di Milano, dove il primo gruppo di ricerca del Paese coordinato dalla biotecnologa Vittoria Brambilla, ha sfruttato la possibilità offerta dal decreto siccità dello scorso giugno, che ha temporaneamente semplificato le regole per le sperimentazioni sul campo di piante sviluppate con l’editing genomico o la cisgenesi, in deroga alla normativa Ue sui vecchi Ogm, che attende di essere ridisegnata, per aprire appunto alle Tea.

Le Tea sono procedimenti di precisione, che consentono modifiche del genoma della pianta senza l’inserimento di Dna estraneo, con una sequenza o una combinazione di sequenze della stessa specie o strettamente correlata. La varietà di riso che sarà sperimentata a cielo aperto nel Pavese è stata ottenuta mediante mutagenesi sito-diretta, con la ormai nota tecnologia CRISPR/cas9 che ha prodotto l’inattivazione di tre geni responsabili della suscettibilità al brusone. Le prove in laboratorio mediante test di resistenza hanno dato ottimi risultati in termini di produttività e senza la somministrazione di agrofarmaci.

La vera e propria sperimentazione in campo sarà condotta presso un’azienda agricola vicino a Pavia, all’interno di un appezzamento di 28 metri quadri, inserito in un campo di 400 metri quadri, per garantire una zona cuscinetto che elimini il rischio di impollinazione incrociata. L’avvio della semina è previsto per l’inizio di aprile. «Queste piante sono del tutto identiche - spiega la genetista Vittoria Brambilla – alle normali piante di riso, mancano solo dei pezzettini di Dna e questo le rende resistenti agli attacchi del brusone. Finora le abbiamo sperimentate in laboratorio, in camera di crescita e hanno dato buoni risultati, non sappiamo ancora che cosa succederà in campo. Abbiamo una finestra ristretta solo a questa campagna. L’ideale sarebbe fare sperimentazioni in più annate. Noi siamo stati i primi ma sono sicura che molti colleghi seguiranno e spero che questi nuovi strumenti genetici possano sviluppare piante utili per gli agricoltori in tempi brevi e compatibili con le loro richieste».

Le difficoltà legate al cambiamento climatico hanno accelerato il passaggio da un contesto ostile alla ricerca biotech in agricoltura a un quadro più favorevole. Ma la strada da fare è ancora molta. «L’Europa ancora ci obbliga a metodi pionieristici - spiega l’assessore regionale lombardo all’Agricoltura Alessandro Beduschi – con dei riti quasi medievali, con le transenne intorno al campo sperimentale, la videosorveglianza. Come se si trattasse di stregoneria. La nostra visione è molto più ampia e vorremmo che queste piante Tea in campo potessero consentire di sostituire gli agrofarmaci, così come ci chiede l’Europa che però non offre vere alternative agli agricoltori».

Se ne parla nella puntata di questa settimana di “Madre terra, l’agricoltura in podcast

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