SIDER ALLOYS, SALE L’ALLARME: VIA DUE MANAGER E LAVORATORI IN ASSEMBLEA

Sale la tensione alla Sider Alloys, l’azienda italo svizzera che ha rilevato gli impianti di Portovesme dall’Alcoa, con i sindacati e i lavoratori in pressing sul ministero dell’Industria e del made in Italy. Obiettivo: la convocazione, a stretto giro, di una riunione istituzionale. Al centro della mobilitazione c’è il mancato rilancio dell’intero complesso industriale in cui, sino alla fermata degli impianti nel 2012, si producevano 150 mila tonnellate di alluminio primario per pani e billette.

«I giorni scorsi ci sono state le dimissioni di due manager - dice Roberto Forresu, segretario regionale della Fiom - e a oggi la situazione è preoccupante, le relazioni industriali sono ridotte all’osso e non sappiamo ancora quale sarà il futuro di questa fabbrica». Proprio per questo motivo, i giorni scorsi le organizzazioni sindacali hanno convocato un’assemblea in cui è stata ribadita la preoccupazione e confermato lo stato di agitazione.

Uno dei nodi da sciogliere e su cui i sindacati chiedono l’intervento del Governo che, come sottolinea Forresu, «fa parte dell’azionariato tramite Invitalia con il 20%» è quello del piano di rilancio e delle garanzie Sace. «Vorremmo capire a che punto è la procedura e sopratutto conoscere i piani per il futuro - aggiunge - e quindi la prospettiva per lavoratori e produzioni».

All’interno del compendio industriale, in cui sono state portate avanti diverse opere e messi in piedi altri interventi di ristrutturazione e sistemazione, al momento resta accesa la fonderia. Si tratta di un tassello del mosaico più ampio che prevede anche il riavvio della sala elettrolisi. «Si tratta della parte più importante - dice ancora Forresu - perché è la sala che dà vita all’alluminio primario. E la nostra richiesta riguarda proprio questo aspetto».

Il progetto portato avanti dalla Sider Alloys, subentrata all’Alcoa sei anni fa, prevede la sistemazione degli impianti e il riavvio della produzione con un piano di investimenti pari a 170 milioni di euro e un inserimento lavorativo di circa 400 persone. «Oggi all’interno della fabbrica ci sono poco meno di 100 addetti - aggiunge ancora Forresu - proprio questi giorni scadono gli ultimi tre contratti a termine. Nell’arco di un anno sono rimaste fuori circa cento persone».

Da qui la decisione di chiedere un incontro ufficiale al ministero per “certificare lo stato dell’arte”. «Al Governo chiediamo un intervento deciso - conclude - si è sempre detto che la produzione di alluminio è strategica bene, lo si dimostri intervenendo e dando gambe a questo progetto».

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