LE SENTENZE SU APPLE E GOOGLE SONO STORICHE: ORA L'EUROPA HA UNA CLAVA CON CUI TRATTARE LE BIG TECH

Oggi è un gran giorno per Margrethe Vestager, commissario europeo uscente per la concorrenza. La Corte europea di giustizia le ha riconosciuto due importanti, e soprattutto definitive, vittorie nei confronti delle grandi imprese Internet con le quali il massimo esponente europeo della concorrenza ha intrecciato un duello lungo 10 anni: Apple e Google.

Il caso più iconico è quello di Apple, nei confronti della quale la Commissione europea aveva deciso, nell'ormai lontano 2016, che alcune società del gruppo localizzate in Irlanda avessero beneficiato per un certo periodo (almeno dal 1991 al 2014) di vantaggi fiscali costitutivi di un aiuto di Stato illegale. Il trattamento fiscale di favore era appunto concesso dall’Irlanda, cioè il paese dove Apple ed altri giganti di Internet sono soliti collocare gli uffici europei per ragioni fiscali. Tuttavia, nel 2020 il Tribunale europeo, cioè il giudice di appello all'interno della giurisdizione europea, aveva annullato la decisione adottata dalla Commissione, ritenendo che quest’ultima non avesse sufficientemente dimostrato l’esistenza di un vantaggio selettivo a favore delle società di Apple.

L'annullamento della decisione era suonato come un disconoscimento per l'intera strategia di Vestager nei confronti delle imprese Internet globali e, in qualche modo, potrebbe aver pesato sul suo successivo percorso politico in Commissione. Con la sentenza di oggi, invece, la Corte ha ristabilito la correttezza della decisione del 2016 e l'Irlanda dovrà ora recuperare 13 miliardi di euro da Apple (non si tratta quindi di una multa, ma di tasse non pagate). Ora Vestager lascia la Commissione europea, ma con onore, e i suoi ex-uffici si ritrovano in mano un'arma formidabile, poichè potranno continuare a perseguire i tax ruling nazionali, mettendo così in pericolo la strategia fiscale delle multinazionali globali (Internet ma non solo) che quando si stabiliscono nella UE scelgono alcuni piccoli paesi europei - l'Irlanda in primis, ma non solo: alla lista si aggiungono quanto meno il Lussemburgo, Malta, Cipro e persino l'Olanda - pur di ottenere condizioni fiscali irripetibili. Si tratta di una pratica che discrimina gli altri paesi europei, che perdono del gettito fiscale, ma anche le imprese ordinarie, che si trovano a competere con dei giganti globali che pagano meno tasse di loro. Questo vuol dire che il prossimo commissario europeo alla concorrenza, chiunque sarà, avrà in mano uno strumento dissuasivo estremamente importante nella definizione delle regole con le imprese multinazionali globali, soprattutto Internet ma non solo.

L'altro caso importante è quello di Google Shopping. Nel 2017 la Commissione aveva inflitto un’ammenda di circa 2,4 miliardi di euro a Google per aver abusato della sua posizione dominante su vari mercati nazionali della ricerca su Internet favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti rispetto a quello dei suoi concorrenti. Poiché il Tribunale europeo aveva, in sostanza, confermato tale decisione e mantenuto l’ammenda di cui sopra, Google e Alphabet avevano proposto un’impugnazione dinanzi alla Corte, che è stata ora respinta da quest’ultima confermando così la sentenza del Tribunale. Il caso Google Shopping è quindi chiuso davanti alla corte europea di Lussemburgo ma ora continuerà a Bruxelles, poiché il tema del trattamento dei comparatori di prezzo è contemplato nel Digital Market Act, la normativa europea che regolamenta i gatekeepers di Internet. 

Da notare che nel 2023 la corte europea di giustizia aveva stabilito la correttezza di un'altra decisione della Vestager, ingiustamente annullata dal tribunale europeo: quella relativa alla fusione Hutchison-O2 in Regno Unito nel 2016.

Tutte queste vittorie giudiziarie della Vestager arrivano proprio nel momento in cui in Europa talune imprese e politici si lamentano perché vi sarebbe troppa concorrenza, indicando la commissaria uscente come responsabile. Lo stesso rapporto Draghi imputa alla concorrenza alcuni  mali europei, per esempio la struttura industriale e il il livello dei prezzi nelle telecomunicazioni. Il messaggio dei giudici di Lussemburgo non potrebbe invece essere più chiaro e potrebbe pesare sulle imminenti decisioni circa la scelta dei portafogli dei futuri commissari europei, concorrenza in primis. 

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