PENSIONI, LA RIFORMA FORNERO è PEGGIORATA? SOLO IN UN PUNTO (E RIGUARDA I GIOVANI), ECCO QUALE

Pensioni e maggiore flessibilità: cosa è stato fatto«Il governo ha peggiorato la legge Fornero, altro che cancellarla», sostengono sindacati e opposizioni. In realtà, si tratta di uno slogan rispetto al quale va fatta chiarezza. La legge Fornero sta in piedi dal primo gennaio 2012, quando entrò in vigore la riforma voluta dall’allora presidente del Consiglio, Mario Monti, e dalla ministra del Lavoro, Elsa Fornero, e costituisce tuttora l’architrave del sistema pensionistico. Nessun governo ha mai aumentato i requisiti decisi allora. Per andare in pensione di vecchiaia servono ancora 67 anni d’età (e 20 di contributi) e per andare in pensione anticipata 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età (un anno in meno per le donne). Anzi, a ben vedere, tutti gli interventi che i vari esecutivi hanno messo in campo, dalle cosiddette salvaguardie per gli esodati alle Quote, dall’Ape sociale a Opzione donna, sono serviti a introdurre elementi di flessibilità e quindi allargare le possibilità di pensionamento rispetto a una normativa che apparve fin dall’inizio eccessivamente rigida. Grazie a queste misure, dal 2012 a oggi, sono andati in pensione prima circa 600 mila lavoratori per una spesa di 25 miliardi. Gli interventi del governo Meloni: penalizzati i giovaniAnche le misure decise dal governo Meloni con il disegno di legge di Bilancio 2024, quando intervengono in senso restrittivo, lo fanno quasi sempre su istituti di flessibilità introdotti dopo la Fornero, come il sistema delle Quote, l’Ape sociale e Opzione donna, oppure su normative comunque diverse dalla riforma, come quelle che riguardano l’adeguamento delle pensioni all’inflazione e il rendimento delle pensioni di medici e altre categorie del pubblico impiego, che correggono addirittura una legge del 1965. Pensioni, cosa cambia per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995In un punto (con più articolazioni), però, la manovra incide direttamente sulla legge Fornero: il regime contributivo puro, che si applica a chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995. Un parametro è stato migliorato e uno peggiorato. In particolare: è stato ridotto da 1,5 a una volta l’assegno sociale l’importo minimo da maturare per accedere alla pensione di vecchiaia mentre è stato aumentato l’importo (da 2,8 a 3 volte l’assegno sociale) per andare in pensione anticipata (3 anni prima della pensione di vecchiaia), mentre resta a 2,8 per le donne con un figlio e scende a 2,6 con due figli. Perché è più difficile il pensionamento anticipato nel contributivo A rendere più difficile il pensionamento anticipato nel contributivo intervengono altre tre norme della manovra, anche queste che modificano la Fornero: il tetto all’importo dell’assegno, che non potrà superare 5 volte il minimo fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia (oggi 67 anni); una finestra di tre mesi dalla maturazione dei requisiti; l’adeguamento alla speranza di vita anche del requisito dei 20 anni di contributi (oltre che del requisito anagrafico).Nove salvaguardie per gli «esodati». Usciti prima 143 mila lavoratoriDopo la legge Fornero, i governi che si sono succeduti hanno adottato ben nove provvedimenti di salvaguardia per consentire ai cosiddetti esodati di andare in pensione con i requisiti precedenti alla riforma, l’ultimo nel 2021. Provvedimenti che hanno consentito a ben 143.304 lavoratori di uscire prima dei normali requisiti: 67 anni d’età per la pensione di vecchiaia, 42 anni e 10 mesi indipendentemente dall’età per la pensione anticipata (un anno in meno per le donne). La prima salvaguardia, nel 2012, fu la più importante, consentendo a 64.364 lavoratori di evitare di restare senza stipendio (molti si erano dimessi in vista della pensione con i vecchi requisiti, prima della riforma Fornero) e senza pensione. Poi altre 8 otto salvaguardie, ogni volta per allargare le maglie del pensionamento a gruppi di lavoratori che lamentavano di essere stati ingiustamente esclusi dai precedenti provvedimenti. E così è cresciuto anche il costo per lo Stato. Nel complesso, le nove salvaguardie, richiederanno una spesa di 10,3 miliardi di euro.Quota 100-102-103. E ora la strettaLa prima legge sulle Quote risale al 2019, primo governo Conte, sostenuto da Lega e 5 Stelle. Proprio su spinta del Carroccio venne varata Quota 100, per permettere di andare in pensione con 62 anni d’età e 38 di contributi. Ne hanno beneficiato, fino a tutto il 2021, 379.860 lavoratori per una spesa a regime di 11,8 miliardi. A questi si devono aggiungere altri 53 mila nel 2022-23, per un totale di 433 mila. Per Quota 102 (64 anni d’età e 38 di contributi), decisa dal governo Draghi, sono state accolte 10.563 domande. E con Quota 103 (62 anni d’età e 41 di contributi), varata lo scorso anno dal governo Meloni, usciranno (stime osservatorio Cgil) 11.340 per una spesa di 176,5 milioni. Ancora meno potrebbero essere i lavoratori a beneficiare, nel 2024, di Quota 103 come peggiorata con l’ultima legge di Bilancio (calcolo contributivo, finestre allungata e tetto all’importo dell’assegno). Tirando le somme: con le nove salvaguardie e le tre diverse Quote sono andati in pensione prima dei requisiti previsti dalla legge Fornero poco meno di 600 mila lavoratori in 10 anni, per una spesa a regime di circa 25 miliardi.Pensioni e uscite anticipate, cosa sapere

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