La collaborazione avviata con il Memorandum d’intesa siglato ad Astana tra l’Istituto Centrale per il Restauro (ICR) e il Museo Nazionale del Kazakistan è ora in fase di approfondimento. Dopo la missione istituzionale del Direttore dell’ICR, Arch. Luigi Oliva, ad Astana, che ha sancito l’intesa con il Museo Nazionale kazako, l’Istituto ha accolto a Roma la Ministra della Cultura e dell’Informazione della Repubblica del Kazakistan, Aida Balayeva, per una visita ufficiale. Questa visita segna un ulteriore passo nel rafforzamento dei legami culturali tra Italia e Kazakistan. Durante l’incontro, i rappresentanti delle due istituzioni hanno discusso l’avvio di un progetto per la creazione di un Centro Nazionale per il Restauro in Kazakistan. Il governo kazako ha espresso l’intenzione di avviare il progetto con il supporto tecnico e formativo dell’ICR, unendo l’expertise italiana a quella locale per formare professionisti e realizzare un modello di centro di restauro ispirato all’esperienza italiana. La delegazione kazaka ha visitato i laboratori scientifici e di restauro dell’Istituto, osservando da vicino le metodologie e le tecnologie che hanno reso l’ICR un punto di riferimento internazionale nel campo della conservazione e del restauro.
Un progetto storico: la Fondazione dell’Istituto Centrale per il Restauro
Fondata nel 1939, l’Istituto Centrale per il Restauro ha avuto da subito una missione chiara: porre il restauro su basi scientifiche e unificare le metodologie di intervento per il recupero e la conservazione delle opere d’arte e dei reperti archeologici. L’Istituto nacque grazie alla visione teorica di Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi, che concepirono un modello metodologico innovativo e multidisciplinare, mettendo insieme storici dell’arte, archeologi e scienziati, con l’obiettivo di superare il restauro empirico tradizionale. Nel corso degli anni, l’Istituto ha continuato a essere un punto di riferimento per la tutela del patrimonio culturale in Italia e all’estero. Oggi l’Istituto svolge una vasta gamma di attività, tra cui ricerca, progettazione, verifica di interventi di restauro e la formazione dei restauratori, con corsi teorico-pratici e programmi di aggiornamento.
Restauri completati: l’arte del recupero in Italia
L’Istituto ha recentemente concluso numerosi interventi di restauro di grande valore artistico. Tra questi, il restauro della scultura in bronzo di San Giovanni Battista di Luigi Valadier, commissionato dalla Galleria Borghese in occasione della mostra dedicata all’artista romano. L’intervento, che si è svolto nel portico della Galleria, ha visto l’applicazione di tecniche innovative per il recupero della scultura. Altro intervento significativo è quello che ha riguardato il Pastore di Arturo Martini, un capolavoro della scultura italiana del Novecento. L’opera, che aveva subito gravi danni, è stata sottoposta a un attento restauro condotto da un’équipe multidisciplinare. Il lavoro è stato finanziato dalla Fondazione Paola Droghetti Onlus, grazie a due borse di studio per giovani restauratori diplomati presso la Scuola dell’ICR. Inoltre, una serie di busti romani, parte della collezione del Palazzo Corsini, sono stati restaurati in collaborazione con l’Accademia dei Lincei. Questi busti sono oggi esposti al pubblico, offrendo un’opportunità educativa unica per gli studenti della Scuola di Alta Formazione (SAF) dell’ICR.
Restauri in corso: il recupero delle superfici decorate della Chiesa di Santa Marta
Uno degli interventi in corso è il restauro della controfacciata della Chiesa di Santa Marta, situata in Piazza del Collegio Romano. Il progetto, che ha visto coinvolti restauratori, storici dell’arte e architetti, si concentra sulle superfici decorate in stucco bianco e dorato, nonché sui dipinti murali. La difficoltà del progetto è stata accentuata dalla pandemia, ma grazie alla dedizione di un team multidisciplinare, il lavoro è proseguito con successo. RAI Cultura ha dedicato due puntate della serie I segreti del colore a questo restauro, offrendo al pubblico un’opportunità di approfondimento sulle tecniche e le metodologie applicate.
Un impegno costante per la salvaguardia del patrimonio culturale
Con l’approvazione dei recenti progetti di restauro, l’Istituto Centrale per il Restauro non solo consolida il proprio ruolo di leader nel settore della conservazione e del restauro, ma anche rafforza il proprio impegno nella promozione di una cultura globale della protezione del patrimonio culturale. Grazie a collaborazioni internazionali come quella con il Kazakistan, l’ICR dimostra come la ricerca scientifica e la formazione siano fondamentali per garantire la trasmissione di un’eredità culturale che trascende i confini nazionali. L’attenzione verso il restauro come disciplina scientifica e multidisciplinare, unita alla crescente sensibilità verso la valorizzazione del patrimonio artistico, rappresenta una sfida e una responsabilità che l’Istituto si impegna a portare avanti con passione e dedizione.
Intervista a Luigi Oliva, Direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR)
Direttore, lei è alla guida dell’Istituto Centrale per il Restauro dal 17 maggio 2024. Se vuole farci un excursus di quest’anno trascorso in questa carica: come si è mosso all’interno dell’Istituto e quali sono stati i principali obiettivi raggiunti?
"Riassumere un anno così intenso non è semplice, ma cercherò di evidenziare alcuni punti fondamentali che fanno parte della mia visione. Innanzitutto, la prima questione all’ingresso è stata quella del personale. Fortunatamente ci sono state nuove assunzioni di restauratori e amministrativi che hanno permesso di rafforzare una serie di ruoli cruciali per la rinascita dell’Istituto. Uno degli aspetti su cui ho voluto intervenire fin da subito è stato quello della comunicazione, che a causa della mobilità del personale era praticamente ferma: c’era pochissima attività sul sito istituzionale e nessuna presenza sui social o altre forme di divulgazione. Ho quindi rifondato l’Ufficio Comunicazione, coinvolgendo tecnici, personale interno e laboratori, per garantire uno scambio costante di informazioni in tempo reale. Abbiamo rilanciato la comunicazione social e stiamo organizzando un ufficio stampa, probabilmente con il supporto di figure esterne qualificate. In quest’anno e mezzo l’incidenza della comunicazione e il rapporto con il pubblico sono cresciuti moltissimo. L’Istituto ha aperto le sue porte al pubblico, organizzando eventi non solo dedicati al restauro, ma anche su temi paralleli — storia dell’arte contemporanea, teatro, o tematiche sociali come immigrazione e dialogo culturale. Credo infatti che sia importante far capire che la disciplina del restauro si inserisce in un contesto più ampio di conservazione e trasmissione delle culture. Questo approccio ha avuto un grande riscontro di pubblico. Abbiamo inoltre aperto i laboratori di restauro ai visitatori, che possono vedere da vicino le attività e comprendere concretamente cosa facciamo."
Vorrei chiederle proprio di questo: il 14 ottobre 2025 è stato pubblicato l’accordo strategico per il patrimonio culturale tra Italia e Kazakistan...
"Sì, nell’ambito delle relazioni internazionali abbiamo siglato circa cento nuove convenzioni, sia in Italia che all’estero. Tra queste, diverse riguardano paesi strategici anche dal punto di vista della diplomazia culturale. Con il Kazakistan, ad esempio, abbiamo firmato un Memorandum of Understanding per la creazione di un laboratorio di restauro nel Paese, a supporto del Museo Nazionale. L’obiettivo è formare restauratori locali, trasferendo il know-how italiano riconosciuto a livello mondiale. Sono appena rientrato dalla Cina, dove collaboreremo con la provincia del Sichuan per la conservazione del Grande Buddha di Leshan, una scultura di oltre 70 metri scavata nella roccia, patrimonio UNESCO. Con i colleghi cinesi stiamo anche avviando progetti su un circuito di grotte istoriate e dipinte di grande valore. A questo si aggiunge il fronte mediterraneo e africano, inserito nel Piano Mattei, dove l’Istituto ha un ruolo centrale nel rilanciare i rapporti culturali tra l’Italia e i Paesi dell’area. Abbiamo già un progetto attivo in Libia, uno in fase di avvio con la Tunisia per la valorizzazione dei siti di Kerkouane, Pupput (Hammamet) e Neapolis (Nabeul) — tutti di epoca punica o romano-punica — e un altro progetto in Marocco, che partirà a inizio del prossimo anno, finanziato attraverso il programma di conversione del debito. Abbiamo già operato anche in Algeria, e ci sono linee guida per una nuova collaborazione. Infine, un progetto molto importante è quello in Ucraina, che ha rappresentato la scintilla per la firma del Protocollo Quadro tra l’ICR e l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS)."
Quindi una collaborazione diretta con l’AICS diretta dal dottor Rusconi?
"Esatto. L’obiettivo è supportare l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo nei progetti di diplomazia culturale in vari paesi. L’AICS ha un campo d’azione molto ampio — dalle infrastrutture al trasferimento tecnologico avanzato — e noi siamo il suo partner di riferimento per il settore culturale. Siamo quindi l’interlocutore tecnico del Ministero della Cultura nei rapporti con l’AICS e con il MAECI, nell’ambito della diplomazia culturale internazionale."
C’è una domanda che avrebbe voluto ricevere dai giornalisti su questi temi e che invece non le è mai stata posta?
"Sì. Vorrei che ci si soffermasse di più sull’aspetto sistemico del restauro italiano. L’Italia è considerata leader mondiale nel campo del restauro, e il nostro Istituto ha collaborato con oltre 50 paesi. Tuttavia, nel dibattito nazionale manca una reale consapevolezza di questo valore — anche economico. In Italia si producono materiali e tecnologie per il restauro di altissimo livello, esportati in tutto il mondo, ma raramente se ne parla. L’attenzione mediatica è spesso rivolta alla singola opera, più che al sistema che la rende possibile. Per questo ho voluto rilanciare la comunicazione: dobbiamo capire che il restauro italiano rappresenta una filiera strategica di sviluppo e occupazione. I nostri studenti, ad esempio, trovano lavoro entro 3-4 mesi dalla laurea quinquennale — un dato unico nel panorama nazionale — sia in Italia che all’estero. Vorrei che anche i giornalisti aiutassero a diffondere questa consapevolezza: è un settore di eccellenza che genera cultura, lavoro e innovazione."
Allora le pongo io quella domanda: cosa c’è dietro un’opera d’arte restaurata?
"Dietro ogni opera c’è un mondo di conoscenze, di ricerca e di collaborazione interdisciplinare. Quando si visita un museo o una cattedrale, bisogna pensare che dietro ciò che si ammira ci sono secoli di cultura del restauro e competenze che l’Italia ha saputo sviluppare. Raccontarlo, anche solo in parte, nei mezzi di comunicazione, aiuterebbe le persone a immaginare il restauro non solo come gesto tecnico, ma come atto scientifico e culturale. Nel restauro lavorano biologi, chimici, diagnostici, storici, archeologi: è una vera scienza della cura del patrimonio, ed è una possibilità vincente per il nostro Paese."
Quanto è importante la trasmissione della memoria attraverso il restauro e l’archeologia?
"In Italia, non si restaura se prima non si conosce a fondo l’opera. Nei nostri progetti lavorano sempre gruppi multidisciplinari: restauratori, scienziati, architetti, storici dell’arte, archeologi. Dietro ogni intervento c’è una conoscenza approfondita che spesso aiuta anche gli stessi archeologi a reinterpretare le scoperte. Alla BMTA abbiamo appena presentato il primo passo del restauro del celebre Sarcofago degli Sposi etrusco, realizzato in collaborazione con il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. È stato un restauro aperto al pubblico, raccontato passo dopo passo, con una risposta straordinaria. Abbiamo scoperto tracce di colore originale, elementi inediti che ci hanno permesso di comprendere meglio l’opera e, in un certo senso, di farla rinascere. Se pensiamo a questo moltiplicato per tutto il patrimonio italiano, possiamo davvero immaginare una nuova stagione dell’archeologia grazie al restauro."
Ultima domanda: un lavoro come il suo crea inevitabilmente una connessione spirituale con la bellezza che si tocca con mano. Lei come vive questa dimensione, non da direttore, ma da semplice spettatore?
"È una meraviglia, un privilegio. Per chi ama e ha coltivato questo legame con il patrimonio culturale, poter assistere a un restauro è un’esperienza profondamente emotiva. Quando mi sono trovato di fronte all’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, durante una delle puliture periodiche che solo l’ICR effettua, ho provato una sensazione indescrivibile. Essere a pochi centimetri da quella bellezza mi ha fatto capire quanto sia importante condividere questa meraviglia con il pubblico. Da lì abbiamo iniziato a raccogliere dati, realizzare materiali multimediali, reel, video in alta definizione per il nostro canale YouTube e i social dell’Istituto. Grazie a questi strumenti possiamo finalmente portare le persone a un contatto più diretto con le opere, farle entrare nel cuore del patrimonio. E questo privilegio, secondo me, non deve essere di pochi, ma di tutti."
2025-11-05T10:50:38Z