La fame di carisma e di speranza che attanaglia la sinistra europea, e quella italiana in particolare, rende il rombo che viene da New York un vero uragano di speranze, e spinge tutti a salire sul carro del nuovo sindaco della Grande Mela.
Il gioco che ci terrà impegnati per le prossime settimane riguarda l’accademia sull’esportabilità della ricetta Mamdani, innanzitutto nel resto degli Usa e poi nel vecchio continente. Il partito “mamdanista” ha già proposto il suo programma, inseguire tutte le minoranze, servizi gratis e case a canone controllato.
Mentre i cosiddetti riformisti - come se gli altri fossero rivoluzionari - non si risparmiano la banale constatazione che New York non è l’America, e tanto meno l’Italia e che si vince al centro, luogo ormai più mitico di Shangrilà.
Ma al netto di queste strumentalizzazioni, il voto della megalopoli americana qualcosa di rilevante ci dice. Intanto ci chiede di ragionare sul perché, rovesciando il meccanismo che sembrava inesorabile sulle due sponde dell’Atlantico, sulle rive dell’Hudson i ricchi hanno votato per i poveri, e non viceversa.
La geografia della consultazione elettorale non lascia scampo: i quartieri di New York sono comunità fiscalmente compatte che non permettono incertezze: Soho, Midtown, West Side, East side Brooklyn, Queens, Bronx, sono comunità che hanno sfaccettature interne ma sono socialmente indentificabili con profili sociali e patrimoniali chiari.
Il candidato islamico ha preso voti ovunque, con picchi nelle aree delle robuste minoranze ispaniche e asiatiche, ma anche nei quartieri attorno alla Columbia University o alla centralissima NYU, o ancora nella dorsale ovest, lungo la cosiddetta High Line che congiunge il meat market a Chelsea.
Un meticciato elettorale che risponde a un messaggio preciso: la promiscuità etnico culturale rende New York un unicum che dobbiamo difendere. Una vera svolta che ha portato una popolazione tipica newyorkese - coppie di 35/40 anni con figli che, benché benestanti, si trovano a inseguire con affanno l’impennata dei costi e soprattutto i livelli proibitivi a cui sono arrivati i servizi (asili, scuole, sanità, trasporti) - a votare per un islamico socialista. Lungo questa strada il neo sindaco ha attivato la sua identità che affonda le radici in una sinistra che lui definisce socialdemocratica, con un esplicito richiamo alla cultura del welfare europea.
Se ci pensiamo Mamdani ha riprodotto, in un altro secolo e in un altro mondo, quel prodigio del Pci emiliano, che declinava integrazione sociale con efficienza urbana, e che portava una delle città a più alto reddito del nostro paese a scegliere stabilmente la falce e il martello quando ancora si allungavano le ombre sovietiche.
Ma il vero elemento che potrebbe aprire una nuova fase, persino negli Usa, ma sicuramente in Europa, riguarda la contrapposizione che da New York, ma anche dalla stessa California che approva i referendum anti Trump sui distretti elettorali, o stati come la Virginia e il New Jersey che scelgono governatrici democratiche, si intravede all’offensiva autoritaria oggi alimentata dalla Silicon Valley.
Sono proprio Peter Thiel, il capo di Palantir, la demoniaca azienda di analisi e profilazioni militari, ed Elon Musk a guidare una vera crociata tesa a identificare la libertà con la sicurezza. Thiel in un suo saggio intitolato non pochi anni fa, Il Momento Straussiano (edito in italia da LiberiLibri) spiega come la tecnologia sia una forma di governo dell’Occidente per tutelare i paesi da squilibri etnici e inquinamenti culturali. Aggiungendo, senza nessuna remora o titubanza, che in questa fase la violenza che l’Occidente ha sempre rimosso, deve tornare a essere una variabile della governabilità, sia interna che globale.
È questa la destra che mira a governare i paesi più avanzati, considerando la democrazia come una burocrazia inutile e dannosa. In fondo a questa strada molti della borghesia professionale delle grandi città americane stanno cogliendo i pericoli di una possibile svolta totalitaria con epiloghi militarmente non controllabili.
Sul versante opposto sta prendendo corpo l’idea di una libertà intesa come eguaglianza. Non più nella sequenza ideologica del socialismo del '900, ma come scenario di vivibilità e di convivenza di tanti fra tanti. È il dualismo di un mondo che si affolla, che preme, che con le tecnologie di connessione è sempre presente: sicurezza o eguaglianza?
Da New York è venuto uno squillo, che vale per quanto la città sia avanguiarda ma non pancia del mondo. Ma proprio il suo carattere estremo di punto di approdo di ogni ambizione e necessità l’ha sempre resa un laboratorio predittivo. Se la Silicon Valley sta diventando una falange securitaria, la Grande Mela ci dice che un altro mondo è possibile, ma è tutto da costruire.
2025-11-05T15:15:32Z