LA CINA RIPARTE FORTE IN AFRICA: CON MOLTI SOLDI, MA MENO RISCHI E PIù PROFITTI

È una passerella di leader africani a Pechino questa settimana. Xi avrà in mano un libretto degli assegni più piccolo e un'idea più chiara di ciò che la Cina vuole in cambio dei 120 miliardi di dollari che dall'Angola a Gibuti, per oltre un decennio, ha versato al continente africano come prestiti governativi attraverso la sua Belt and Road Initiative. Le dinamiche internazionali e interne alla Cina stanno spingendo Xi a rivedere la strategia di Pechino in Africa, con una nuova proposta: prestiti commerciali che potrebbero generare rendimenti migliori per la Cina.

Del resto, in un contesto non certo facile per la seconda economia del Pianeta, la Cina deve fare i conti con una crescita economica rallentata e con pressioni interne per ridurre i rischi finanziari e garantire la stabilità economica. Nello stesso tempo, la competizione geopolitica con gli Stati Uniti e l'Unione Europea sta influenzando le scelte di Pechino, che deve bilanciare le sue ambizioni globali con la necessità di consolidare i risultati ottenuti finora. In questo complesso scenario, la Cina ha iniziato a ridurre i nuovi prestiti concessi ai Paesi africani e a concentrarsi su progetti più mirati. Xi Jinping, durante i numerosi incontri con i leader africani, ha chiarito che intende ridurre gli impegni finanziari, focalizzandosi invece su progetti che offrano maggiori garanzie di successo economico e geopolitico per la Cina. In pratica, questo significa che la Cina sarà più selettiva nei progetti da finanziare, dando priorità a quelli che offrono rendimenti più elevati o che rafforzano in modo tangibile l'influenza cinese nel continente.

Nonostante questo, la sfilata di leader africani giunti a Pechino per il nono Forum sulla cooperazione Cina-Africa che inizia oggi, attesta il ruolo della Cina come potenza economica estera dominante del continente. È il primo summit del genere a Pechino dal 2018 ed è il più grande evento diplomatico che Xi ospiterà quest'anno, con partecipanti attesi di grande peso, tra cui il presidente nigeriano Bola Ahmed Tinubu, il presidente ruandese Paul Kagame e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa .

Il rapporto tra Cina e Africa ha visto una trasformazione radicale negli ultimi vent'anni. Da partner economici emergenti, i Paesi africani sono diventati una priorità strategica per Pechino, soprattutto nell'ambito della Belt and Road Initiative (BRI), l'ambizioso progetto infrastrutturale e di investimento globale promosso dal Presidente Xi Jinping. Dal lancio della Belt and Road Initiative nel 2013, la Cina – come si è ricordato in apertura -  ha investito oltre 120 miliardi di dollari in Africa, attraverso una serie di prestiti governativi destinati a progetti infrastrutturali. Paesi come Angola, Etiopia, Kenya e Gibuti hanno beneficiato di grandi afflussi di capitali cinesi per la costruzione di strade, ferrovie, porti e centrali elettriche. L'obiettivo dichiarato di Pechino era duplice: sostenere lo sviluppo economico dell'Africa e, al contempo, rafforzare la presenza cinese sul continente, accedendo a risorse naturali vitali e aprendo nuovi mercati per le imprese cinesi. Negli anni, però, sono emerse diverse criticità e anche critiche dirette alla nuova via della Seta. Alcuni osservatori hanno accusato la Cina di condurre una nuova forma di colonialismo economico, con prestiti che, se non restituiti, potrebbero portare alla cessione di asset strategici ai creditori cinesi. Inoltre, il crescente debito estero di molti Paesi africani ha sollevato preoccupazioni sulla sostenibilità finanziaria di tali investimenti.

Sia l’infrastruttura della nuova via della Seta che la diplomazia condotta a suo sostegno, sono state al centro di accuse di essersi rivelate come trappole del debito, oltre ad accuse di sfruttamento e corruzione, ulteriormente rafforzatesi quando un'ondata di crisi del debito ha travolto l'Africa negli ultimi anni e tre paesi sono andati in default, innescando lunghe ristrutturazioni. Alcuni progetti, come una ferrovia incompiuta da 3,8 miliardi di dollari in Kenya che termina in un campo vuoto, sembravano incarnare la promessa fallita della BRI. Adesso, con l'obiettivo di ottenere maggiori profitti e meno grattacapi, la Cina sta orientando la sua cooperazione con l'Africa verso settori chiave come la tecnologia, l'energia rinnovabile e la sicurezza. In particolare:

- Tecnologia e Innovazione: la Cina vede nell'Africa un mercato in espansione per le sue tecnologie digitali, come le reti 5G e le soluzioni di e-commerce. L'investimento in infrastrutture digitali non solo favorisce l'accesso delle aziende cinesi ai mercati africani, ma contribuisce anche a rafforzare il controllo politico e sociale nei Paesi partner.

- Energia Rinnovabile: l'Africa, con il suo vasto potenziale in termini di energia solare ed eolica, è vista da Pechino come una regione strategica per la transizione energetica globale. Gli investimenti cinesi nel settore delle rinnovabili non solo aiutano a diversificare le fonti di energia, ma permettono anche di esportare tecnologie cinesi, consolidando il ruolo di Pechino come leader mondiale nella lotta al cambiamento climatico.

- Sicurezza e Stabilità: con la crescente instabilità in alcune regioni africane, la Cina sta incrementando la sua presenza militare e di sicurezza nel continente, attraverso la vendita di armi, la formazione delle forze di sicurezza locali e l'istituzione di basi militari, come quella di Gibuti. Questa strategia serve a proteggere gli interessi cinesi e a garantire la sicurezza delle rotte commerciali vitali.

Il nuovo approccio di Xi Jinping presenta sia opportunità che sfide per i Paesi africani. Da un lato, la riduzione dei prestiti cinesi potrebbe alleviare alcune delle pressioni legate al debito, dando ai governi africani più spazio per manovre fiscali. Dall'altro, la maggiore selettività dei finanziamenti cinesi potrebbe limitare l'accesso a capitali essenziali per lo sviluppo infrastrutturale, in particolare per quei Paesi che hanno difficoltà ad attrarre investimenti da altre fonti. Inoltre, l'accento posto dalla Cina su settori come la tecnologia e la sicurezza potrebbe influenzare le priorità di sviluppo dei Paesi africani, orientandole verso settori di interesse cinese piuttosto che verso le esigenze locali. Questo rischio di dipendenza tecnologica e strategica dalla Cina potrebbe ridurre la capacità dei Paesi africani di diversificare le loro partnership internazionali e di sviluppare politiche autonome.

I prestiti tradizionali della Cina all'Africa attraverso le sue banche statali sono esplosi da 98,7 milioni di dollari nel 2000 a un massimo di 28,8 miliardi di dollari nel 2016, secondo il Global Development Policy Center della Boston University, rendendola il più grande creditore bilaterale al mondo per l'Africa. Cifre che sono diminuite negli anni successivi e poi sono crollate durante la pandemia prima di salire a 4,6 miliardi di dollari l'anno scorso. Durante quel periodo, Pechino ha anche prestato tramite le sue banche commerciali, ma la bilancia è destinata a pendere molto di più verso quei prestiti che generano profitti nei prossimi anni. Alcuni progetti che caratterizzano il nuovo approccio della Cina includono una miniera di ferro e una ferrovia da 20 miliardi di dollari in Guinea, un oleodotto da 5 miliardi di dollari in Uganda e Tanzania e un prestito cash-for-petrolio da 400 milioni di dollari in Niger che il regime militare afferma di aver bisogno per "gestire il paese".

La scorsa settimana il ministero degli esteri dello Zambia ha annunciato che il presidente Hakainde Hichilema sarebbe stato a Pechino per assistere alla firma di un accordo di investimento per rivitalizzare la ferrovia Tazara lunga 1.160 miglia (1.870 km), originariamente costruita negli anni '70 come parte del primo grande progetto di aiuti della Cina in Africa, che collegava Tanzania e Zambia. I funzionari delle due nazioni hanno detto poco su come è strutturato l'accordo da 1 miliardo di dollari per Tazara, ma si prevede che si baserà su un modello di partenariato pubblico-privato anziché sul debito pubblico di una delle banche statali cinesi.

L'incontro di questa settimana tra Xi Jinping e i leader africani segna un punto di svolta nella cooperazione sino-africana. Con un libretto degli assegni più piccolo ma con richieste più chiare e mirate, la Cina sta cercando di massimizzare i profitti e minimizzare i rischi della sua presenza in Africa. Per i Paesi africani, questo cambiamento offre nuove opportunità, ma anche e soprattutto il rischio di vedere davanti a sé una strada accidentata, in un contesto internazionale sempre più competitivo e incerto.

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