I DAZI E IL DEBITO RALLENTANO LA CRESCITA: PER I PAESI POVERI DIVARIO IN AUMENTO

Il mondo non sta vincendo la sfida per la diminuzione dei divari a livello globale: la forbice, anzi, si sta allargando. Il rallentamento dell’economia globale, provocato anche dalla guerra commerciale in corso sui nuovi dazi Usa, impedirà ai Paesi in via di sviluppo di conseguire i loro obiettivi nella creazione di posti di lavoro, nella riduzione della povertà estrema e nel riequilibrare il divario di reddito pro capite con le economie avanzate. In particolare, la crescita del reddito pro capite nei Paesi in via di sviluppo è stimata al 2,9 per cento nel 2025, ovvero 1,1 punti in meno rispetto alla media conseguita tra il 2000 e il 2019. Di questo passo, supponendo che le economie in via di sviluppo siano in grado di sostenere una crescita complessiva del Pil del 4% (tasso previsto per il 2027), ci vorrebbero circa due decenni per tornare alla traiettoria pre-pandemica in termini di produzione economica.

È Banca Mondiale, nel suo ultimo rapporto sulle Prospettive economiche globali diffuso ieri, a certificare le difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo, in un tempo in cui non solo i dazi, ma anche la riduzione degli aiuti e l’indebolimento del multilateralismo, pongono ulteriori sfide. L’Asia meridionale resta al momento la regione con la crescita più veloce tra i mercati emergenti, ma le prospettive di quest’area si stanno attenuando parallelamente all’innalzamento delle barriere commerciali, considerando che la regione comprende molti Paesi – come Vietnam, Bangladesh, Cambogia e Filippine – tra i più colpiti dai nuovi dazi Usa, al momento in pausa fino a luglio. La crescita è stimata al 5,8% nel 2025 e al 6,2% nel 2026-2027, ben al di sotto della media pre-pandemia, con l’effetto di una limitazione nell’espansione dei posti di lavoro.

Gli esperti di Banca Mondiale stimano invece la crescita dell'Africa sub-sahariana dal 3,5% del 2024 al 3,7% di quest'anno, per poi attestarsi in media al 4,2% nel 2026-27. È una stima al ribasso rispetto a quanto previsto in precedenza, a causa sia del deterioramento dello scenario economico globale che delle difficoltà regionali interne. «L'elevato debito pubblico, i tassi di interesse ancora alti e l'aumento dei costi del servizio del debito hanno ridotto il margine di manovra fiscale, spingendo molti Paesi a intraprendere sforzi di risanamento fiscale, soprattutto perché il fabbisogno finanziario rimane elevato a causa della riduzione degli aiuti internazionali allo sviluppo – sottolinea il rapporto di Banca Mondiale –. L'aumento del reddito pro capite rimarrà inadeguato per compiere progressi significativi nella riduzione della povertà estrema nella regione, che ospita la maggior parte dei poveri del mondo».

Nei Paesi dell’America latina e dei Caraibi la crescita del Pil è prevista al 2,3% quest’anno e al 2,5% nel prossimo biennio. Se il Messico sarà l’economia più direttamente coinvolta dall’effetto dazi, l’intera regione subirà comunque un impatto dalle barriere commerciali, considerato che l’area è molto integrata con l’economia Usa a livello di commercio, investimenti, rimesse e legami finanziari. Anche il rallentamento dei prezzi delle materie prime avrà effetti su una regione in cui l’export ha una grande importanza. «Condizioni finanziarie più restrittive potrebbero continuare a far aumentare i costi di servizio del debito – evidenzia il rapporto – il che potrebbe ritardare il consolidamento fiscale in corso nelle economie chiave della regione».

Lo studio sottolinea che a fronte dell'aumento delle barriere commerciali, le economie in via di sviluppo dovrebbero cercare partnership commerciali e di investimento strategiche con altre economie e diversificare gli scambi, anche attraverso accordi regionali. Priorità dovrebbe essere data alla «spesa pubblica per le famiglie più vulnerabili» e alla formazione. «La collaborazione globale sarà fondamentale per sostenere le economie in via di sviluppo più vulnerabili, anche attraverso interventi multilaterali, finanziamenti agevolati e, per i Paesi coinvolti in conflitti attivi, aiuti e supporto di emergenza», aggiunge ancora il rapporto.

A livello generale, secondo Banca Mondiale l’aumento delle tensioni commerciali ha fatto sì che la crescita globale quest'anno avrà il ritmo più lento dal 2008, escludendo le recessioni globali vere e proprie. La revisione al ribasso delle previsioni di crescita riguarda circa il 70% delle economie, in tutte le regioni e per tutte le fasce di reddito. Il Pil globale rallenterà quest’anno al 2,3%, quasi mezzo punto in meno rispetto a quanto previsto a inizio anno. Se le previsioni per i prossimi due anni si concretizzeranno, la crescita media globale nei primi sette anni del 2020 sarà la più lenta di qualsiasi decennio a partire dagli anni '60.

«La crescita nelle economie in via di sviluppo è rallentata negli ultimi trent'anni, passando dal 6% annuo negli anni 2000 al 5% negli anni 2010, fino a meno del 4% negli anni 2020 – spiega Indermit Gill, capo economista di Banca Mondiale –. Questo dato rispecchia la traiettoria di crescita del commercio globale, che è sceso da una media del 5% negli anni 2000 a circa il 4,5% negli anni 2010, fino a meno del 3% negli anni 2020. Anche la crescita degli investimenti ha rallentato, ma il debito è salito a livelli record».

Secondo l’analisi, la crescita globale potrebbe riprendersi più rapidamente del previsto se le principali economie riuscissero ad attenuare le tensioni commerciali, il che ridurrebbe l'incertezza politica complessiva e la volatilità finanziaria. «Le economie emergenti e in via di sviluppo hanno raccolto i frutti dell’integrazione commerciale, ma ora si trovano in prima linea in un conflitto commerciale globale», rimarca M. Ayhan Kose, vicecapo economista della Banca Mondiale e direttore del Prospects Group. Non tutto è perduto, per riequilibrare l’attenzione verso le economie più fragili, ma occorre agire subito per evitare che un pezzo di mondo resti sempre più indietro.

2025-06-10T13:13:30Z