ECONOMIA CIRCOLARE: “SERVE UN MERCATO DELLE MATERIE PRIME SECONDE”

L’Europa, culla delle politiche ambientali e laboratorio globale dell’economia circolare, oggi arranca. Il tasso di circolarità dei materiali – cioè la quota di risorse riutilizzate nel ciclo produttivo invece di finire in discarica o divenire rifiuto – è inchiodato all’11,8%. In tredici anni è cresciuto di appena un punto percentuale, dal 10,7% del 2010: un ritmo da lumaca che non basta a inseguire gli obiettivi del Clean Industrial Deal, che puntano a raddoppiare l’uso circolare dei materiali entro il 2030.

Il rischio è chiaro: perdere la leadership mondiale e vanificare gli sforzi compiuti finora. A renderlo ancora più evidente è la crisi del riciclo delle plastiche, con la domanda di materiali riciclati in caduta libera. Colpa della concorrenza sleale delle materie prime vergini, i cui prezzi bassi scoraggiano l’impiego di materiali riciclati, rendendo antieconomico ciò che dovrebbe essere la spina dorsale della transizione.

In questo quadro, il Circular Economy Network – rete italiana di imprese, associazioni e centri di ricerca impegnati nella transizione verde – ha presentato a Bruxelles un position paper con una richiesta chiara: costruire un vero mercato unico europeo per le materie prime seconde. Un passo decisivo in vista del Circular Economy Act, la nuova legge europea attesa per la fine del 2026.

“Nonostante il ruolo da protagonista nell’economia circolare, l’Unione Europea non sta compiendo progressi sufficienti verso una maggiore circolarità”, avverte Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network. “Continuiamo a essere una delle aree del pianeta con il più alto consumo di risorse, una produzione elevata di rifiuti e una forte dipendenza dalle importazioni di materie prime, soprattutto quelle critiche e strategiche”.

L’Italia, in questo scenario, mantiene un vantaggio ma anche un paradosso: nel 2023 ha raggiunto un tasso di circolarità del 20,8%, quasi il doppio della media europea, ma resta fortemente dipendente dalle importazioni di materie prime (46,6% del fabbisogno contro il 22,4% della media UE). Insomma, buoni risultati sul fronte del riciclo, ma una filiera ancora troppo esposta ai capricci dei mercati globali.

Per Ronchi, la priorità è netta: “Realizzare al più presto un mercato unico europeo per le materie prime seconde è una priorità assoluta. Solo così potremo rafforzare la competitività industriale, ridurre i costi di produzione, diminuire la dipendenza dalle importazioni e rendere l’economia europea più resiliente. È anche una condizione indispensabile per tagliare le emissioni di CO₂ e centrare la neutralità climatica”.

Il documento del CEN delinea un percorso operativo: armonizzare le normative tra gli Stati membri, rendere coerenti le misure già varate – dall’ecodesign al diritto alla riparazione, dalla revisione della direttiva rifiuti alla normativa sulle materie prime critiche – e introdurre nuove politiche industriali e fiscali a sostegno della domanda di materiali riciclati. Non basta produrre meglio, bisogna anche consumare diversamente. Il Network sottolinea l’urgenza di coinvolgere i cittadini, fornendo informazioni chiare su durata, riparabilità e riciclabilità dei prodotti, e incentivando modelli di consumo basati su riuso, noleggio e ricondizionamento.

Sul piano industriale, il CEN chiede investimenti mirati in impianti moderni, tecnologie efficienti e infrastrutture per il trattamento delle plastiche, dei RAEE e per il recupero delle materie prime critiche. Servono standard comuni di qualità, quote obbligatorie di contenuto riciclato e una riduzione dei costi energetici per le imprese del riciclo. Ma soprattutto serve una cornice fiscale coerente con gli obiettivi ambientali. Il Circular Economy Act, sottolinea il documento, dovrà introdurre una vera fiscalità verde e armonizzare le normative sullo status di End of Waste, così che un materiale riconosciuto come “materia prima seconda” in uno Stato membro possa esserlo automaticamente in tutta l’Unione.

“L’Europa deve rimuovere gli ostacoli normativi e burocratici che ancora frenano la libera circolazione delle materie prime seconde – si legge nel paper – semplificando le procedure e riducendo gli oneri amministrativi”. Per ora, però, la ruota dell’economia circolare gira troppo lentamente. E in un mondo dove le risorse naturali scarseggiano e la competizione si fa globale, chi resta fermo rischia non solo di perdere terreno, ma di finire fuori dal cerchio.

2025-11-04T13:45:32Z