Chi non ha ancora acquistato la prima casa, o vuole mettere a reddito un proprio appartamento, deve inevitabilmente avere a che fare con il complesso mondo degli affitti. Le locazioni, infatti, sono una materia dalle norme stringenti che è bene conoscere per essere certi di non commettere errori.
Il contratto affitto è un documento cardine che serve a regolare il rapporto tra locatore e inquilino, determinandone le condizioni. Esistono però diverse tipologie di accordo, ognuna con caratteristiche specifiche. Vediamo allora tutto ciò che c’è da sapere a riguardo tra dati che non possono mai mancare, obblighi di registrazione e possibilità di recesso.
Il contratto affitto è l’accordo scritto che lega il proprietario di un immobile al suo inquilino temporaneo, stabilendo le condizioni del loro rapporto. Al suo interno devono quindi essere inseriti tutti i dati delle parti in causa e una lunga lista di clausole da rispettare.
Più nello specifico, gli elementi che non possono mai mancare nel documento sono la data di stipula del contratto, che può non coincidere con l’effettiva data in cui il locatario prende possesso della casa. È tuttavia fondamentale, perché determina il termine entro cui l’accordo deve essere registrato, a meno che l’ingresso dell’inquilino nella casa non sia anteriore. Si passa poi alle generalità delle parti coinvolte, quindi nome e cognome, data e luogo di nascita, indirizzo di residenza, codice fiscale e contatti.
Il contratto deve poi esplicitare i dati identificativi dell’immobile attraverso l’indirizzo, le informazioni catastali, il numero di locali e le eventuali pertinenze. Imprescindibili anche il canone di locazione, ovvero la cifra che dovrà essere corrisposta al proprietario, e la durata complessiva dell’accordo. A tutte queste informazioni si aggiungono poi alcuni dettagli accessori, come ad esempio l’ammontare della caparra.
Seppur molto simili nella forma, esistono diverse tipologie di contratto affitto tra cui è possibile scegliere, con durate e canoni differenti.
Il più comune è senza dubbio l'accordo a canone libero 4+4, secondo il quale la cifra può essere pattuita liberamente con una trattativa. L’affitto durerà quattro anni, al termine dei quali verrà rinnovato automaticamente per altri quattro anni a meno che non venga avanzata la disdetta secondo le tempistiche previste nel documento.
Nel contratto a canone concordato 3+2, invece, l’importo viene stabilito in base agli accordi territoriali e normalmente è più basso rispetto alla precedente soluzione. Genera quindi un guadagno inferiore per il locatore, che tuttavia può avvalersi di alcuni benefici come la riduzione della base imponibile Irpef, dell’imposta di registro e di altre tasse. Come da nome, la sua durata è di tre anni, con rinnovo automatico per altri due anni.
Con il contratto a uso transitorio, la locazione può andare da un minimo di un mese a un massimo di 18 mesi e il canone è libero, salvo diverse indicazioni territoriali. L’accordo non è rinnovabile alla scadenza e può essere siglato solo in caso di specifiche esigenze di una delle due parti in causa, escluse le necessità turistiche.
Da ultimo, gli affitti per studenti universitari possono andare dai tre mesi ai tre anni e sono rinnovabili al termine dell’accordo. In questo caso, però, il canone è sempre concordato e non nasce da una trattativa tra privati.
A meno che un immobile non venga affittato per meno di 30 giorni all’anno, ogni contratto affitto appena descritto è soggetto a registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, senza la quale l’accordo è da considerarsi nullo. Entrambi le parti possono occuparsene, rispettando il termine massimo di 30 giorni dalla data di decorrenza. La registrazione, inoltre, può avvenire per via telematica o cartacea, allegando sempre l’attestato di prestazione energetica dell’immobile.
Per registrare un contratto di affitto bisogna pagare le imposte di registro e di bollo e la spesa andrà suddivisa tra locatore e locatario. La prima è pari al 2% del canone annuo ed è da moltiplicare per le annualità previste dall’accordo, ma se il contratto è a canone concordato il suo ammontare verrà calcolato solo sul 70% del compenso annuo.
La seconda, invece, è di 16€ ogni quattro facciate del documento. Chi decide di optare per la cedolare secca, tuttavia, è esentato da entrambe le spese.
Una volta firmato il contratto affitto, il locatore e l’inquilino hanno la possibilità di recesso secondo modalità che variano in base alla tipologia di accordo.
Nei contratti 4+4, ad esempio, il locatario può recedere in qualsiasi momento, senza l’obbligo di fornire una giusta causa. Deve però rispettare i tempi della disdetta pattuiti e comunicare la sua decisione tramite raccomandata o PEC. Il proprietario, invece, è obbligato ad attendere la prima scadenza naturale del contratto, fornendo un preavviso di almeno sei mesi e solo per specifiche cause stabilite dalla legge. Alla scadenza di tutti e otto gli anni, invece, può dare disdetta senza giustificazioni con un preavviso di sei mesi.
Nei contratti a canone concordato 3+2, anche l’inquilino ha l’obbligo di dimostrare una giusta causa e di dare un preavviso di sei mesi, viceversa dovrà attendere la conclusione dei primi tre anni o dei successivi due.
Nei contratti a uso transitorio la disdetta è automatica e non richiede comunicazioni, ma se il locatario non lascia l’immobile, l’accordo si trasforma per legge in un 4+4. Chi vuole recedere prima del termine potrà farlo solo per gravi motivi e con un preavviso determinato dal contratto stesso.
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