Ci giravo intorno da anni. Da quando quella rigidità mattutina, quelle notti in cui il sonno era tormentato senza un buon motivo per esserlo e i dolori ai tendini mi avevano messa in allarme. Tutto sopportabile, ma strano. Negli esami clinici non c’era nulla che non andasse, e tutti minimizzavano. Solo un reumatologo illuminato aveva citato en passant quella strana sindrome chiamata fibromialgia, ma poi ero andata oltre e avevo archiviato la pratica, sopportando quelli che erano, alla fine, sintomi sfumati che in una quarantenne, seppur sportiva e iper attiva, potevano anche (forse) essere normali, dicevano i medici. Anni dopo, tutto precipita: complice la pandemia e una serie di pesanti stress psicofisici a tutti i livelli, qualcosa esplode. La stanchezza immotivata si fa invalidante, inizio a sentirmi ogni giorno, in piena estate, come se fossi malata di influenza. Fatico a stare sveglia persino mentre cammino. Prima di cena mi addormento in poltrona, spossata.
I dolori a tendini e muscoli (“alle parti molli”, dirò durante l’anamnesi alla reumatologa che farà la diagnosi di fibromialgia) diventano strani: fortissimi, migranti, non fissi. Un giorno mi fa male il gomito al punto di non poter sorreggere nulla, il giorno dopo può essere scomparso il dolore, che poi riappare per una settimana consecutiva. Senza aver fatto sforzi o movimenti particolari, così, senza un motivo, una causa apparente. Il male alle anche è così forte da negarmi anche l’amato trekking, mi trascino lungo i sentieri stremata di fatica e di dolore. Anche il semplice camminare diventa un incubo. Ma alla fine mi fa male un po’ ovunque, inclusa la testa, preda di emicranie tensive fortissime. Tutto questo arrivo a definirlo un “sarcofago di dolore” tanto è pervasivo, totalizzante. È come essere chiusa in una gabbia in cui le sbarre sono il dolore. La nebbia mentale - scoprirò poi che si chiama fibro fog - mi crea enormi problemi nel lavorare, è come se non ragionassi più, la memoria vacilla. Tutto è invisibile, però. Una serie di esami del sangue approfonditi è completamente negativa. Le risonanze magnetiche alle articolazioni non mostrano particolari problemi. In teoria, sto bene, ma invece sto male. Come spiegarlo al mondo, che non mi capisce, mi vede come una malata immaginaria? La prima con cui ne parlo è la medica di famiglia: giovane e sensibile, fa subito un’ipotesi, fibromialgia. Passano però ancora mesi, forse un anno, prima che tutto sia così insostenibile - il dolore, la stanchezza - da decidere di rivolgermi a un reparto ospedaliero di reumatologia, specializzato in fibromialgia. Del resto, pensavo, se sto bene, se non ho nulla di “organico”, cosa dovrebbero diagnosticarmi? Sono davvero una malata immaginaria? Cerco risposte, voglio essere compresa, uscire dall’invisibilità perché questi sintomi mi stanno distruggendo la vita, pregiudicano i miei rapporti familiari, il lavoro, la mia vita sentimentale si sta frantumando. Sto per scivolare nella depressione, mi sembra non ci siano vie d’uscita e sto quasi per rinunciare, sto quasi per isolarmi e sarebbe la fine.
Alla fine cedo per disperazione, faccio un tentativo, sperando di ottenere risposte, una diagnosi, una cura, una certezza. Sono fortunata, più di tante altre donne nella mia stessa situazione: la reumatologa che mi visita in pochi minuti dai miei esami clinici tutti negativi (quella di fibromialgia è una diagnosi di esclusione, perché non esistono biomarcatori e non è una malattia degenerativa) dai miei racconti, dal fatto che soffro di una malattia autoimmune e dalla pressione dei tender points (specifici punti del corpo - 18 in tutto - la cui pressione provoca dolore nelle persone affette da fibromialgia), diagnostica la sindrome fibromialgica, con 16 tender points dolenti su 18. È insieme una liberazione e un senso di vertigine: e adesso, cosa faccio? So bene che si tratta di una condizione cronica, che non esiste una cura definitiva, che per tante, troppe donne diventa invalidante al punto da dover rinunciare al lavoro, a vivere la propria vita. Decido che non voglio arrendermi ed esploro tutte le possibilità, convincendomi che l’approccio olistico potrebbe essere la giusta strada da percorrere, anche perché tollero poco i farmaci di rito, peraltro mirati solo ad attenuare i sintomi. Faccio mio il titolo di un utilissimo libro di Francesco Garritano, biologo nutrizionista, La fibromialgia è una sfida: tu puoi vincerla. Spiegazioni utili e consigli pratici per affrontare una sindrome reale e invalidante (Edizioni LSWR). Mi informo a fondo grazie al sito dell’Associazione italiana sindrome fibromialgica (sindromefibromialgica.it) che tra i tanti servizi mette a disposizione gratuitamente un manuale di 134 pagine ricchissimo di informazioni preziose, che metto in pratica subito.
Per fortuna - a differenza di tante altre pazienti - posso permettermi di esplorare varie opzioni: grazie a una nutrizionista esperta inizio a seguire una dieta mirata contro l’infiammazione cronica di basso grado e ad assumere integratori specifici, perdo parecchio peso, faccio agopuntura, torno gradualmente a praticare attività fisica (il movimento è fondamentale per interrompere il circolo vizioso dolore-inattività-dolore), pratico la mindfulness e inizio un percorso psicoterapico. Scopro la correlazione tra la mia fibromialgia, lo stress e lo stile di vita. Sono così fortunata da lavorare in un’azienda che prevede lo smart working, senza sarei in seria difficoltà. Grazie alla consapevolezza e a questa strategia riesco a rimettermi in piedi, a volte per lunghi periodi a stare relativamente bene, a volte persino benissimo se tutto coincide e non sgarro su niente: alimentazione, stress lavorativo, attività fisica, integratori. Non è tutto rose e fiori, a volte la fibromialgia riprende vigore, spesso basta un minimo stress. Sul lavoro ho dovuto mettere da parte una eventuale “carriera” e limitarmi a tenere un basso profilo, rinunciando a ruoli di maggior responsabilità. È il prezzo da pagare quando si viene colpiti da questa condizione cronica. Che può essere gestita, se siamo così fortunate da poterlo fare, ma non guarita. E che è ancora troppo poco capita dalla società e dal mondo del lavoro. Testimonianza raccolta da Gloria Ghiara
2025-05-11T14:30:30Z