CHI SONO I DIVULGATORI SOCIAL OGGI?

Basta un giro in metropolitana o, per i più fortunati, una passeggiata in spiaggia per scoprire qual è l'intrattenimento preferito del secolo: fare scrolling. Secondo un report di We Are Social, il tempo totale trascorso online dagli italiani si attesta intorno alle 6 ore e 40 minuti al giorno, di cui 1 ora e 47 minuti sui social media. Ma non tutti (sui) social vengono per nuocere. È quello che si scopre interrompendo lo scrolling infinito e puntando la lente sul lavoro prodotto dagli anti-influencer per definizione: i divulgatori social. Dando per certo l'assunto che non è lo strumento a essere pericoloso, ma l'uso che se ne fa, abbiamo intrapreso un viaggio virtuale tra i profili più interessanti di professionisti, docenti e ricercatori in vari settori: dalla scienza all'arte fino alle lingue. Il loro merito principale? Rendere pop (nel senso più nobile del termine) il sapere. Un po' quello che Piero Angela, prima di tutti, ha fatto in tv, ossia intrattenimento di contenuto con una narrazione coinvolgente e fruibile. Comune denominatore della maggior parte di questi professionisti è l'intento: amor di divulgazione senza alcuno scopo di guadagno, non diretto almeno.

Ma come orientarsi in questo mare magnum che è internet? Non è facile, tra "giochi di specchi (ma soprattutto di specchietti) pieno di scorciatoie, trappole e meravigliose illusioni ottiche", come si legge nell'introduzione di Followmania, podcast di Federica Micoli, digital strategist esperta di dinamiche social. Con lei parliamo (tantissimo) della differenza tra influencer e divulgatori. E se la condicio sine qua non per essere divulgatori affidabili è che siano anni luce lontani dalle modalità "influ-scrocconi" tra supplied, gifted e invited, la domanda sorge spontanea: ma allora, questi professionisti come guadagnano, se guadagnano? «Sfatiamo un mito: non è vero che le piattaforme pagano a seconda del numero di follower. E allora perché dedicare molto del proprio prezioso tempo a costruire contenuti da condividere sui social cercando di aumentare il proprio numero di follower? Perché saranno le stesse persone che, in parte, parteciperanno ai seminari e corsi che organizzano, acquisteranno i loro libri o contribuiranno ad aumentare la loro popolarità, il che li porterà a essere contattati per pubblicare un testo o un podcast o a far nascere altre opportunità lavorative». Un curriculum vitae in aggiornamento perenne online.

Capitolo a parte, le richieste di donazioni: in molti, infatti, nel profilo o nel linktree hanno la dicitura "offrimi un caffè": «Credo sia giusto», dice Micoli. «La divulgazione è un lavoro, richiede tempo e impegno: è un contributo volontario che si dà per il piacere di continuare a usufruirne, è un modo per dare valore al loro lavoro. È un riconoscimento del loro contenuto che un utente decide di finanziare acquistando un approfondimento in più, esattamente come se fosse un libro o un giornale cartaceo. Idem per le newsletter a pagamento, a patto che offrano un maggiore approfondimento. Intendiamoci, non è vietato fare adv o pubblicità di prodotti, a patto di segnalare chiaramente come da normativa. Se un divulgatore decide di farlo, sicuramente opera una scelta coerente con il suo profilo e valuta pro e contro, incluso il rischio di perdere la credibilità su cui tanto si lavora. Fare un passo indietro rispetto alla possibilità di monetizzare anche la propria presenza social ci preserva dal cadere nelle dinamiche più scorrette e finire nel circo delle gogne pubbliche (i dissing tanto di moda), a torto o a ragione». Per essere inattaccabile, dunque, un divulgatore puro non lascia spazio a equivoci. Discorso a parte, l'autopromozione del proprio lavoro tramite post dedicati ai propri libri o podcast o corsi: come recita anche il Digital chart - che disciplina la comunicazione commerciale svolta a mezzo internet - non è necessario che l'influencer inserisca alcuna avvertenza quando la promozione riguardi prodotti o servizi con marchio coincidente con il proprio nome, poiché in tal caso risulta chiara e diretta la riconducibilità all'influencer stesso.

In fondo il palcoscenico dei social è una vetrina, è corretto usarlo come tale. Funzione svolta egregiamente da Sprint @sprint_ita, progetto social promosso dall'Unione Nazionale Consumatori, che, come racconta Massimiliano Dona, coordinatore del comitato scientifico, ha «l'obiettivo di valorizzare creator e contenuti utili attraverso una library in continua espansione», come si intende già dal logo e dal nome, crasi di "social" e "print", ovvero "impronta digitale", a rappresentare il segno che si può lasciare con contenuti di valore. Come? Lo si leggge nel loro manifesto: "Il creator di valore verifica le fonti e cerca di non produrre contenuti al di fuori delle sue naturali competenze. Si attiene, inoltre, a produrre contenuti utilizzando un approccio rispettoso e mai offensivo, specialmente nelle interazioni dei commenti".

Se Instagram è la casa naturale dei divulgers, e la presenza su TikTok può essere un viatico per raggiungere un pubblico più giovane, è YouTube a offrire il contenitore migliore per un approfondimento di qualità che non lotti con (e contro) il tempo. Dunque per essere netizen (cittadini della rete) consapevoli, serve allenare lo spirito critico. Non sono i social a essere pericolosi di per sé, vale la pena ripeterlo, ma l'attitudine con cui se ne fa uso, come aggiunge Micoli: «Gli algoritmi dei social spingono i contenuti un po' più polemici o triggeranti, e non dobbiamo dimenticare che i social di base sono nati per guadagnare. Sta a noi non sottostare a certe dinamiche, inseguire algoritmi, trend, viralizzazioni, altrimenti da vittime diventiamo complici. Al contrario, dobbiamo sfruttare la grandissima opportunità di avere accesso a questi contenuti e avere (gratis) gli strumenti per capire come funziona la piattaforma stessa». Il consiglio? Investire un po' di tempo per decidere chi seguire o non seguire più, filtrare i contenuti, avere spirito critico, prenderli per quello che sono, seguire solo cose che non ci "triggerano"; i social diventerebbero un luogo positivo da frequentare, a patto di contribuire tutti.

Insomma, dimmi chi segui e ti dirò chi sei... un vecchio detto che potrebbe essere valido per crearsi un parterre di divulgatori di riferimento. Basta sbirciare chi tra i divulgatori preferiti si segue reciprocamente. Tra i divulgers più affidabili - che, ricordiamolo, non fa sempre rima con "più seguiti" - come non nominare "il papà" dei divulgatori social Dario Bressanini alias "Il vostro amichevole chimico di quartiere" o la @Divagatrice Beatrice Mautino. Interessantissimi i contenuti del duo esperto di comportamento umano @nonelazebra, che con l'assunto "se senti rumore di zoccoli, pensa al cavallo, non alla zebra", spiegano paradossi, bias e logiche che guidano o deviano l'agire umano. C'è poi chi ha convalidato il suo successo con la presenza in tv, il prof. Vincenzo Schettini di @Lafisicachecipiace. Stesso percorso del giovane letterato Edoardo Prati che dai social è finito a teatro. O, al contrario, c'è chi dai teatri alla tv è approdato sui social, come l'esperto d'arte Carlo Vanoni con le sue lectio coinvolgenti dal suo studio circondato dai libri. Di arte racconta anche Elisabetta Roncati su @artnomademilan. C'è chi, poi, rimasto senza lavoro, se n'è inventato uno virtuale, come l'insegnante di inglese Norma Ceretti @NormasTeaching. Restando nel settore linguistico, da segnalare la preparatissima e divertentissima Aurora Ricotti-Ottmann @auroras.onlinelanguagelessons che ha fatto uno step in più unendo l'intrattenimento all'apprendimento. Sui segreti della nostra lingua, invece, ci sono l'appassionato Marco Ballarè @marco.dixit e l'accademico Michele Cortelazzo di @lalinguisticapertutti. A tema scienze e affini anche @geo.pop diventata una vera e propria redazione, gli ironici Diego Bollini @barbascura_x e Alessandro di @chimicazza e il preparatissimo Giacomo Moro Mauretto @entropyforlife. Da seguire tutti per sapersi togliere ogni (ir)ragionevole dubbio.

2025-07-05T08:22:01Z