PNRR, RISCHIO PERDITA DI OLTRE 130 MILIARDI: L’IPOTESI DI DIALOGO CON L’UNIONE PER UNA PROROGA

Nel 2022, subito dopo l’insediamento dell’attuale Governo e ancor prima della definizione e dell’avvio operativo del sistema “ReGis” prodotto dalla Ragioneria Generale dello Stato, effettuai una analisi capillare del quadro programmatico sia del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che del PNC (Piano Nazionale Complementare) per un totale di circa 232 miliardi di euro e dichiarai formalmente che, al 30 giugno del 2026, sarebbe stato possibile spendere un importo non superiore al valore di 85–90 miliardi di euro.

Sempre nella mia nota, ribadivo che sarebbe rimasto un volano di risorse di oltre 130 miliardi fuori dalla scadenza prevista dall’Unione Europea. Pochi giorni fa, la sintesi della relazione del Ministro Tommaso Foti portava ai seguenti due dati: “Pagamenti PNRR per 64 miliardi ne restano 130 miliardi”. Aver previsto nel dettaglio questi risultati era un convincimento facilmente difendibile perché come ho ribadito più volte l’intero impianto programmatico, prodotto dal Governo Conte e dal Governo Draghi, non conteneva:

• Una governance unica

• Elaborati progettuali con caratteristiche tecniche a livello esecutivo e, soprattutto, supportati da misurabili processi autorizzativi

• Cronoprogrammi che in partenza assicurassero il completamento delle opere entro il 30 giugno 2026

Volendo tentare una proposta alternativa alla richiesta di proroga di un anno (richiesta che risolverebbe solo in parte una simile emergenza in quanto, dopo un anno, potremmo spendere solo ulteriori 12 miliardi) sarebbe opportuno rileggere la dotazione di partenza (articolata per copertura a fondo perduto e prestiti) e prospettare un’alternativa più difendibile. Il volano di risorse pari a 191,5 miliardi di euro (68,9 miliardi a fondo perduto e 122,6 finanziati tramite prestiti) a cui si aggiunge, come detto prima, l’importo di 30,6 miliardi attraverso il Fondo complementare e che, su preciso indirizzo dell’Unione Europea, deve rispettare le stesse logiche e le stesse scadenze del PNRR, vede un residuo di risorse non spese pari a 135 miliardi di euro. Sicuramente sarò smentito e sicuramente da più parti saranno forniti dati e precisazioni sul valore reale di questa mancata spesa e le cifre varieranno da un minimo di 120 miliardi di euro a un massimo di 135 miliardi di euro. Tuttavia, anche la cifra di 120 miliardi denuncia da sola quanto sia grave e rischioso non poter in nessun modo dare vita a un tentativo di salvataggio di tali risorse.

Per l’ennesima volta cerco di prospettare una ipotesi di lavoro così articolata:

1. Si chieda subito alla Unione Europea di aprire un confronto diretto in cui il nostro Paese ammette la impossibilità di rispettare quanto previsto in merito alla scadenza dell’intero impianto programmatico e giustifica una simile inadempienza ricordando anche che una delle cause era da ricercarsi sia nella serie di verifiche elettorali effettuate negli anni 2022 e 2023, sia all’alternarsi di tre distinti Governi

2. Si trasformino le risorse a fondo perduto, pari a circa 28 miliardi non spendibili dei 68,9 miliardi autorizzati, in prestito con un tasso di interesse da definire

3. Si aumentino i tassi dei 52 miliardi di euro dei 122,6 autorizzati inizialmente, mentre si mantengano inalterati i tassi dei 20 miliardi dei 30,6 miliardi del Fondo complementare

4. Si fissi come scadenza definitiva di tutta l’operazione il 30 giugno del 2028: una data identica alla scadenza del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021–2027 (scadenza che contiene in partenza una proroga fino al 30 giugno del 2029).

Penso che la Ue sia disposta a confrontarsi su una simile proposta e in particolare si convinca che, con l’adeguamento dei tassi di interesse, il nostro Paese sta praticamente adottando una procedura che non penalizza, in nessun modo, le aspettative di altri Paesi interessati da Fondi del Programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto da 750 miliardi di euro. Insisto nel difendere questa ipotesi di lavoro perché temo che ogni alternativa si configuri come un imperdonabile fallimento, un fallimento che peserebbe moltissimo sul bilancio conclusivo dell’attuale legislatura.

2025-05-12T20:34:40Z