La Federal Reserve non abbassa i tassi di sconto e manda su tutte le furie Donald Trump. Ancora una volta, il presidente della Fed, Jerome Powell, ha deciso di lasciare invariati i tassi negli Stati Uniti, ora sono al 4,5 per cento, di ben due punti e mezzo più alti della Banca Centrale Europea. Tanto è bastato per mandare su tutte le furie il Presidente degli Stati Uniti.
Secondo il comitato della Federal Reserve che si occupa di tassi di sconto, “l’incertezza sull’outlook economico è diminuita, ma resta elevata”.
In parole povere: l’economia Usa ancora non ha preso una direzione precisa. Troppi sono gli elementi che “favoriscono” la volatilità e le aspettative degli operatori sono incerte. Ecco perché bisogna evitare che ci siano “pressioni inflazionistiche” che per l’industria sarebbe un problema grosso. La Fed continua a prevedere due tagli dei tassi di interesse nel 2025 per una riduzione complessiva del costo del denaro dello 0,5 per cento. Le proiezioni economiche dei partecipanti alla riunione della Fed indicano pressioni stagflazionistiche, con i partecipanti che prevedono un aumento del Pil a un ritmo di appena l’1,4 per cento nel 2025 e un’inflazione al 3 per cento.
Cos’è una “pressione staglazionista”? Una “pressione staglazionista” è un modo informale per riferirsi a forze economiche che spingono verso una condizione di stagflazione, ovvero: “Pressioni combinate di inflazione alta e crescita bassa, con rischio di disoccupazione elevata”. Ecco qual è la bussola che segue Powell: mantenere il sistema in equilibrio con disoccupazione bassa, inflazione sotto controllo, pil che dove consolidarsi e prospettive stabili. Prospettive che, non lo dice Powell ma lo spiegano gli economisti, sono messe in crisi dalle decisioni di The Donald. Prima la guerra commerciale, con i dazi che hanno spinto l’inflazione, rallentato i consumi e spento il prodotto interno lordo, poi le tensioni geopolitiche stanno spingendo gli operatori americani a tirare i remi in barca e ad aspettare tempi migliori.
La decisione della Fed ha mandato su tutte le furie Trump. “Quindi abbiamo una persona stupida. Francamente”, ha detto Trump in un discorso improvvisato appena fuori dalla Casa Bianca, come riporta Cnbc. “L’Europa ha fatto 10 tagli e noi nessuno. Immagino che sia un uomo politico, non lo so. È un uomo politico che non è una persona intelligente, ma sta costando una fortuna al Paese”. “Se è preoccupato per l’inflazione, va bene. Lo capisco. Non credo che ci sarà. Finora non c’è stata”, ha detto Trump. “Ma ora abbiamo un uomo che si rifiuta categoricamente di abbassare il tasso della Fed, si rifiuta semplicemente di farlo e non è una persona intelligente”, ha proseguito. “Non credo nemmeno che sia così politico. Penso che mi odi, ma va bene così”, ha aggiunto.
La risposta di Powell è stata pacata e istituzionale: “Dal mio punto di vista, non è complicato. Quello che tutti i membri del Fomc (il comitato che decide i tassi, ndr) vogliono è un’economia americana solida e forte, con un mercato del lavoro forte e prezzi stabili. Questo è quello che vogliamo. La nostra politica è ben posizionata in questo momento per raggiungere questo obiettivo”. “L’economia – continua – ha dimostrato resilienza. In parte grazie alla nostra posizione. E, ribadisco, pensiamo di essere in una buona posizione per rispondere a sviluppi economici significativi. Questo è ciò che conta. Questo è ciò che conta per noi. Praticamente è tutto ciò che conta per noi”.
Dal momento dell’elezione, Trump ha ingaggiato un duello con tutto l’establishment americano e tra questi anche il presidente della Fed, Powell, che egli stesso aveva nominato quattro anni prima. Al presidente non va giù un Banca centrale che non risponde alla direzione economica che il governo sta imponendo: vorrebbe una Fed addomesticata alle politiche trumpiane, semmai si riuscisse ad arrivarne a capo.
Dal canto suo, la Fed non fa altro che rispondere al suo mandato: mantenere l’equilibrio dei prezzi. Sebbene a The Donald non vada giù, al momento egli può fare davvero poco.
L’indipendenza della Banca centrale è uno dei capi saldi del capitalismo del Novecento. Fin dalla sua fondazione nel 1913, essa ha l’esclusiva responsabilità della politica monetaria della Nazione sebbene il Board sia nominato dal Presidente degli Stati Uniti. Nessun economista, al momento, potrebbe immaginare una sottomissione della Banca alla volontà esplicita del governo: sarebbe una mossa azzardata che potrebbe far male ai conti e alla credibilità degli Usa.
2025-06-20T12:47:19Z