(di Ilenia Romani, Fondazione Eni Enrico Mattei e Università degli Studi di Brescia)
La transizione verde dell’Europa si poggia sui pilastri delle energie rinnovabili, della mobilità elettrica e della costruzione di un’economia circolare, tutte basate su un’elettrificazione estensiva, la quale inevitabilmente conferisce un ruolo di spicco alle batterie. Tuttavia, l'UE, come altre nazioni, ha sottovalutato l'intensità materiale della transizione verde, compresi i livelli di estrazione mineraria che essa genera, gli impatti socio-economici lungo l'intera value chain delle tecnologie e dei relativi materiali utilizzati, così come la sua significativa impronta ambientale globale. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di neutralità climatica, Bruxelles deve garantire un approvvigionamento sostenibile di materie prime critiche e strategiche, potenziare la sua capacità industriale per un'economia circolare e assicurare una fornitura resiliente di energia pulita a basso costo. Tuttavia, l'Europa continua a dipendere fortemente dalle importazioni di materie prime critiche (i cosiddetti critical raw materials), tra cui, ad esempio, silicio, rame, terre rare, nichel, cobalto, grafite, manganese ed elementi del gruppo del platino. Il tutto è inoltre complicato dal fatto che alcune parti della catena del valore sono altamente concentrate, spesso in Cina.
Alcune difficoltà aggiuntive sono poi legate all’attualità, caratterizzata dal conflitto Russo Ucraino, in seguito al quale il prezzo del gas nell'UE è quasi sette volte superiore a quello, ad esempio, degli Stati Uniti. Inoltre, diverse economie stanno puntando con decisione ad affermarsi come leader nel settore dei materiali critici, sia a livello di upstream (estrazione e produzione delle materie prime), sia a livello di downstream (la produzione del prodotto finale, quale, ad esempio, le batterie agli ioni di litio) - modificando dunque il campo di gioco globale.
Un esempio di posizionamento strategico all’interno del settore è fornito dagli Stati Uniti, che lo scorso agosto hanno promulgato l'IRA (Inflation Reduction Act), con 270 miliardi di dollari di crediti d'imposta allocati per l'energia pulita e le tecnologie a bassa emissione di carbonio lungo il prossimo decennio, di cui 60 miliardi destinati all'industria manifatturiera statunitense. Oltre ai crediti di base previsti dalla legge, viene messo a disposizione un incentivo del 10% per i progetti che utilizzano livelli (anche minimi) di componenti e materie prime di produzione nazionale – la cosiddetta “Buy American” strategy.
L’UE è stata fin da subito ben consapevole della potenziale distorsione sul mercato che l’IRA potrebbe avere, dato che i crediti “discriminatori” dell’IRA andrebbero ad impattare negativamente gli investimenti e la produzione dei partner commerciali degli USA, Europa inclusa. Infatti, il 10 marzo, a seguito dell’incontro della Task Force UE-USA sull'Inflation Reduction Act, Washington e Bruxelles hanno annunciato di volere cooperare sulla diversificazione delle catene di approvvigionamento dei minerali critici e delle batterie. In particolare, l’obiettivo lato Bruxelles è quello di consentire ai minerali critici estratti o lavorati nell'Unione Europea di essere conteggiati nei requisiti dei crediti dell’IRA. La speranza è che le due potenze riescano a costruire delle catene di fornitura forti, sicure e resilienti, requisito sempre più urgente, considerando il massiccio aumento della domanda di materie prime critiche che avverrà nei prossimi anni. Il rischio di value chain frammentate (o oligopolistiche) sono le strozzature a collo di bottiglia, per cui le materie prime estratte e processate non riuscirebbero a coprire la domanda in crescita, causando pertanto impennate di prezzo.
È in questo contesto estremamente complicato che il Consiglio Europeo ha presentato, questo 16 marzo, la legge sulle materie prime critiche - Critical Raw Materials Act (CRMA), tassello fondamentale per definire il ruolo dell’UE nella produzione di batterie per la transizione energetica.
Dopo avere riconosciuto l’imminente aumento di domanda delle materie critiche, così come la necessità di avere catene di approvvigionamento con partner affini, onde evitare eccessive dipendenze da “Paesi terzi”, Von der Leyen ha annunciato la volontà di estrarre più minerali nell’Unione Europea. Infatti, entro il 2030, l’UE dovrà raggiungere i seguenti quattro obiettivi. Durante la fase di estrazione, almeno il 10% del consumo dovrà essere domestico; durante la fase di lavorazione, almeno il 40%; durante il riciclo, almeno il 15%. Infine, la quota di ogni materia prima strategica proveniente da un paese terzo non potrà eccedere il 65%
La strategia UE è quella di mantenere la sua competitività come leader nella transizione energetica, affiancandosi agli Stati Uniti e al Canada e prendendo le distanze dalla potenza cinese. Una tattica sicuramente forte e non priva di rischi, considerando che in questo modo i due poli dell’Occidente stanno optando per un approccio protezionista, riassumibile con “Buy American and European”.
2023-03-18T12:15:40Z dg43tfdfdgfd