IL LIBERALISMO DI TRUMP HA I GIORNI CONTATI? NE PARLA CORRADO FORMIGLI

Piccoli segnali di speranza arrivano dall’America precipitata nelle mani della gang Trump-Musk. Proviamo a elencarli come esercizio che fa bene al cuore. Innanzitutto, perfino nella folle compagine governativa il multimiliardario ha iniziato a diventare indigesto. I licenziamenti a raffica ai danni di dipendenti federali di ministeri e agenzie stanno infatti colpendo anche le strutture alle quali si appoggiano il segretario degli Esteri, quello del Commercio o dei veterani di guerra. Volano parole grosse dunque tra Musk, Rubio e i suoi colleghi: il sudafricano è talmente mal sopportato nel suo delirio di onnipotenza da cominciare a rappresentare un serio problema per il presidente americano. Aggiungiamo il suo delirio narcisistico, registriamo proteste in tutti gli Usa attorno alle sue aziende, sommiamo il dimezzamento di vendite delle sue automobili elettriche in Europa et voilà: qualcosa si sta inceppando, mister Musk.

Veniamo a Trump. La sua politica economica, affidata principalmente all’arma dei dazi, sta sconvolgendo le borse mondiali. Anche perché the Donald mette e toglie le suddette gabelle a seconda di come si sveglia al mattino, gettando nello scompiglio aziende e investitori. Conseguenze previste: ripresa dell’inflazione e previsioni di calo del Pil nel primo trimestre del 2,8%. Wall Street, prima inebriata dal successo di un presidente dichiaratamente ultraliberista, adesso si agita per la sua politica economica fanaticamente protezionista, al limite dell’isolazionismo. Sarà proprio la finanza a ribellarsi al tycoon di Mar-a-Lago?

Infine ci sono i giudici federali, impegnati a contestare il diluvio di decreti presidenziali in forte odore di incostituzionalità. Dopo la tempesta trumpiana, i contrappesi americani cominciano a reagire. Tra un anno e mezzo ci sono le elezioni di mid-term: un presidente in minoranza al Congresso sarebbe azzoppato. E se cambiasse di nuovo tutto?

2025-03-13T17:03:32Z